Ieri notte sono andata a dormire nel mio letto che indossa le sue lenzuola preferite.
Poi mi sono svegliata, doccia, colazione al bar con marocco chiaro e brioche olandesina perchè ero di fretta.
La mia vespa beige che fa le bizze e il mio cappottino cucito a mano da mamma, un pò di sole sul viso e ancora qualche ricordo di vento invernale sulle mani, mi sono recata in ufficio.
Qualche litigio, qualche incazzatura, qualche sorriso, il timore di vedere spuntare qualcuno dalla porta, la pausa caffè, il mio pc, il mio quadro francese, qualche altro sorriso, fogli sul tavolo, gente che entra, telefono che squilla.
Poi a pranzo a casa, la mia, in affitto, tutta in disordine come il mio solito stato mentale, ho appeso un quadro, ho bucato il muro, i piatti da lavare, una lavatrice da fare, la roba stesa sullo stendino.
Poi di corsa dall'amica che ha bisogno di parlare, il caffè insieme, la sigaretta sul balcone, "ti voglio bene", "oh ma ti ricordi?!", ognuna nel suo ufficio. Al pomeriggio giri di commissioni, una tendina nuova, il cesto per la biancheria in offerta, un'incazzatura, la pace, poi di nuovo a casa.
Le mie cose, i miei oggetti, i miei specchi, i miei vestiti, le mie scarpe, il mio piumone da lettino singolo adattato al letto matrimoniale, le mie pentole, i miei tappeti rossi, i miei fogli sparsi ovunque, i miei asciugamani, i miei ricordi, la radio antica, la macchina da scrivere, lettere d'amore, le bollette, gli estratti conto, esami medici, le scatole di pasta, il frigo vuoto, il casco della vespa, i libri.
Il cellulare che squilla.
Una cena dalle cugine. Storie amorose di tre generazioni che si sono intrecciate tra risate, sospiri, una pizza e la birra, lo zabaione. Si rideva si scherzava. Tre storie diverse, ma alla fine uguali. Ci si prendeva in giro, ognuna consigliava, ognuna non ascoltava, ognuna aveva gli occhi a cuore.
Poi mentre l'ultimo sorso di caffè andava giù, il silenzio.
"I ricordi di una vita, spazzati via in 15 secondi"
Una donna di ottant'anni. Salva.
Mentre tutto scorre, a qualcuno si è fermato il tempo.
Abbassi gli occhi, e tutto quello che hai davanti ti sembra troppo.
Ti senti in colpa.
Persino di bere un caffè, in una tazzina, con il piattino sotto.
Poi mi sono svegliata, doccia, colazione al bar con marocco chiaro e brioche olandesina perchè ero di fretta.
La mia vespa beige che fa le bizze e il mio cappottino cucito a mano da mamma, un pò di sole sul viso e ancora qualche ricordo di vento invernale sulle mani, mi sono recata in ufficio.
Qualche litigio, qualche incazzatura, qualche sorriso, il timore di vedere spuntare qualcuno dalla porta, la pausa caffè, il mio pc, il mio quadro francese, qualche altro sorriso, fogli sul tavolo, gente che entra, telefono che squilla.
Poi a pranzo a casa, la mia, in affitto, tutta in disordine come il mio solito stato mentale, ho appeso un quadro, ho bucato il muro, i piatti da lavare, una lavatrice da fare, la roba stesa sullo stendino.
Poi di corsa dall'amica che ha bisogno di parlare, il caffè insieme, la sigaretta sul balcone, "ti voglio bene", "oh ma ti ricordi?!", ognuna nel suo ufficio. Al pomeriggio giri di commissioni, una tendina nuova, il cesto per la biancheria in offerta, un'incazzatura, la pace, poi di nuovo a casa.
Le mie cose, i miei oggetti, i miei specchi, i miei vestiti, le mie scarpe, il mio piumone da lettino singolo adattato al letto matrimoniale, le mie pentole, i miei tappeti rossi, i miei fogli sparsi ovunque, i miei asciugamani, i miei ricordi, la radio antica, la macchina da scrivere, lettere d'amore, le bollette, gli estratti conto, esami medici, le scatole di pasta, il frigo vuoto, il casco della vespa, i libri.
Il cellulare che squilla.
Una cena dalle cugine. Storie amorose di tre generazioni che si sono intrecciate tra risate, sospiri, una pizza e la birra, lo zabaione. Si rideva si scherzava. Tre storie diverse, ma alla fine uguali. Ci si prendeva in giro, ognuna consigliava, ognuna non ascoltava, ognuna aveva gli occhi a cuore.
Poi mentre l'ultimo sorso di caffè andava giù, il silenzio.
"I ricordi di una vita, spazzati via in 15 secondi"
Una donna di ottant'anni. Salva.
Mentre tutto scorre, a qualcuno si è fermato il tempo.
Abbassi gli occhi, e tutto quello che hai davanti ti sembra troppo.
Ti senti in colpa.
Persino di bere un caffè, in una tazzina, con il piattino sotto.
7 commenti:
hai proprio ragione. ti senti in colpa anche se non hai commesso nulla..semplicemente perchè a te non è successo..
s.
è esattamente la sensazione che ho addosso da giorni, il sentirmi in colpa per essere salva, per avere ancora il mio disordine, per questi attimi che passo con te
mi viene in mente un amico, che vive solo in un alloggio in affitto, arredato, dentro tranne qualche abito non ha nulla di se.
Quando ci incontriamo mi dice, eccomi.. non c'è altro.
io cerco di non pensarci.
cerco. ho letto ilpost di anna.
forse nemmeno la nostra vervida immaginazione può arrivare a vedere cosa c'è laggiu'.
http://www.rtl.de/rtlaktuell/rtl_aktuell_videoplayer.php?article=27288
poi vedo queste cose e mi chiedo se forse lui ha piu' immaginazione di me.
Giro per i blog e leggo le stesse sensazioni ovunque. Quanto ci è caro fino allo spasimo quello che abbiamo e i sensi di colpa che ci mordono perché siamo ancora qui a sorridere. Anche io che sto a casa guardo l'ora, sono le 10,07 ho voglia di un cappuccino e visto che il bar è stretto al mio portone tra un attimo scenderò per godermi i 5 minuti di relax. Che fare?
sai cosa.
io scenderei e questo cappuccino me lo berrei come il cappuccino piu' buono al mondo.
perchè a volte diamo per scontate troppe cose.
come quando io mi entusiasmo epr le piccole cose e vengo accusata di frivolezza. :/
buon cappuccino. mettici il cacao anche:)
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