mercoledì, gennaio 28, 2009

Ufficio reclami

Io odio il freddo.

Lo odio con tutta me stessa. Lo odio perchè mi blocca, mi paralizza, mi disturba il movimento, ma soprattutto mi fa perdere le cose. Si perchè devi mettere i guanti e coi guanti perdi la sensibilità, e se perdi la sensiblità TI cadono le cose dalle mani che è un piacere. Anzi Mi cadono. Già a me cadono normalmente e non me ne accorgo. Mi cadono pure i guanti. E perdo pure quelli. Anzi uno solo. E così ho una collezione di guanti spaiati.

Odio il freddo perchè devo mettere un sacco di vestiti, uno sopra l'altro, la canottiera, la maglietta di cotone, la maglia di lana misto acrilico perchè la pura lana vergine costa un botto, e il giaccone gonfissimo, e il cappello e la sciarpa che poi penzola da un lato si impiglia dappertutto.

Odio il freddo perchè mi fa colare il naso e io non ho mai i fazzoletti di carta. Non ce li ho mai soprattutto quando ne ho bisogno. Ci sono di quelle ragazze che in borsa hanno tutto. Come fanno? Gli chiedi un fazzoletto, ce l'hanno. Il burrocacao, ce l'hanno. I Cicles, ce li hanno. Un assorbente interno o.b. mini, ce l'hanno. Uno con le ali. Hanno pure quello. Una biro, idem. Un Aulin, si ce l'hanno. Un foglio, la lima per le unghie, lo smalto, la crema per le mani, un paio di calze, una pentola, un letto, una cucina a gas, cazzo hanno tutto.
Io ho la borsa che pesa due tonnellate, che mi si rompe sempre la tracolla che c'era talmente tanto casino che pure i ladri, quando me l'hanno rubata, si sono messi le mani nei capelli e me l'hanno mollata in mezzo alla strada con tutta la roba dentro. Senza portafoglio ovviamente. Anzi mi hanno rovesciato tutto quello che avevo dentro, dentro alla borsa.

Odio il freddo perchè quando entri in macchina fa piu' freddo che fuori.
Perchè sbaglio sempre a regolare l'ora del riscaldamento in casa e appena entro fa freddo. E se anticipo l'ora poi non torno a casa fino alle 23. E la caldaia è li che macina da tre ore.
Odio il freddo perchè a me piace tenere le finestre aperte, che dico, spalancate, e ora non posso.
Odio il freddo perchè mi fa venire sete, e se ho sete bevo e se bevo devo fare la pipì duecento volte, e io sono pigra e non ho voglia di alzarmi duecento volte.
Odio il freddo perchè non puoi mangiare il gelato, e c'è la minestrina "così ti riscaldi un pò", e io invece vorrei il melone.
E l'anguria.

martedì, gennaio 27, 2009

Il giro del mondo in 80 click

Oggi mi sono fatta un viaggio.
In realtà dovevo solo arrivare ad Asti possibilmente senza perdermi.
E invece mi sono persa. Mi sono ritrovata in un'isoletta sperduta vicino all'Australia. Quest'isola è talmente piccola che manco si vede nel mare. Così mi sono avvicinata, avvicinata, avvicinata e scoperto che c'erano delle case che pensato: "Come cavolo fanno a starci tutte quelle case in un puntino nel mare??"
Ho iniziato a girare per le strade, giuro che non le avrei dato 100 lire. Quando poi ho visto le baracche sull'acqua, quelle che vedo sempre nell'agenzia di viaggi vicino casa vecchia e ogni volta mi fermo davanti alla vetrina, sospiro, e mi chiedo se esisterà davvero un posto così, ecco quando le ho viste davvero, mi sono quesi commossa.
Sono ritornata a Santorini, a Oia, anche se non ho visto il tramonto; sono andata in Sicilia, nella casa dove ho trascorso le vacanze per tanti anni. L'ho trovata perchè di fronte c'era un campo bruciato (??!), mamma come si sentiva l'odore di bruciato. Ho fatto un salto a Gaza, a New York, a Barcellona, Madrid, in Mongolia, in Egitto, nello Sri Lanka, poi a Shangai, sono andata a Sarajevo. Volevo passare anche da Roma, ma lì, lì si che ci sono stata un sacco di volte.
So che il mondo è grande, ma porcamiseria, così grande no.

Certe volte quando sto seduta sul mio divanetto scomodo, in un angolo, in silenzio, in quei momenti mi accorgo di essere piccolissima. Ma non solo di statura dico.
Come quando sono alle feste dei miei disabili, con l'orchestra per esempio, e loro che ballano, in quei momenti vedo una festa newyorkese, con i modelli, nei locali che vedo sempre a C.S.I. dove puntualmente muore qualcuno.

Io credo che non avrò mai abbastanza soldi per girare tutti sti posti.

Forse nemmeno per andare ad Asti, stasera :)))


giovedì, gennaio 22, 2009

Sniff

Non so se questo post l'ho già pubblicato. L'ho trovato mentre vagava sul mio pc e siccome non ho tempo per andare a vedere se l'ho già messo su, lo pubblico. Se così fosse chisedo scusa per la mia smemorataggine. Forse non è nemmeno finito...

Io non sono una che usa tanto profumo. Quelle sono cose da femmina.
Tipo quando entro nelle profumerie non riesco a resistere tantissimo.
L'unico profumo che mi piace è il muschio bianco. Ma non tutti i muschio bianco sono buoni. E poi il muschio bianco costa poco:)
Invece c'è un altro profumo che mi sballa completamente: è il profumo delle chiese. Non so perchè mi piace così tanto, ma quell'odore misto a vecchio e incenso lo annuserei tutto il giorno. Mi ricordo che quando andavo in chiesa, da piccola, mi sedevo davanti nella speranza che il prete prendesse quel coso e cospargesse tutti i banchi della prima fila di incenso. Ma non lo faceva sempre e quindi me ne andavo via delusa. Mi piaceva talmente tanto che quando metteva l'incenso col cucchiaio dicevo “carica, carica”.
Quando mi sono accorta che nella mia cantina c'era un odore simile, dicevo a mia mamma di mandarmi sempre in cantina, e appena aprivo la porta davo un annusata fortissima. A volte mi soffermavo di più guardando negli scaffali le conserve e i barattoli di pomodori secchi e peperoncini piccanti, solo per annusare un po'.
Poi c'è un altro profumo che invece mi è rimasto dentro la testa. Più che un profumo è un odore. Uno di quegli odori che ti porti dietro per sempre e non sai perchè. E' il profumo della hall dell'albergo dove dormivamo quando andavamo in gita in settimana bianca. Anzi solo della zona dove c'era l'ascensore. Non so spiegarlo quest'odore, tipo come si fa per i vini, che poi per me quella è una cosa troppo soggettiva. Però a volte mi capita di sentirlo in giro e allora rivedo la bacheca dove c'era lo zaino che poi avevo vinto giocando a tombola; rivedo l'ascensore rosso con i tastoni arancioni tutti consumati e risento il profumo che arrivava dalla sala da pranzo e quello di legno misto a neve del portone d'ingresso. Sento anche i rumori degli scarponi che la gente si portava in stanza anche non si poteva. E se stringo ancora un po' gli occhi, sento anche le pareti bianche ruvide pitturate a buccia d'arancio.

A volte sento i profumi della Sicilia. Anzi solo della colazione che facevamo nella veranda della casa al mare. L'odore del latte con lo zucchero nelle ciotole di plastica, che faceva un casino quando mescolavi. (eravamo sempre tanti cugini e per fare prima si usava tutto monouso).

Quando sento quei profumi però, divento malinconica, e allora vado in cerca di odori che mi riportino subito alla realtà.

Tenera ingenuità

Mamma: "Dobbiamo mandare una mail a tua cugina che le devo dare la ricetta dei biscotti.
Poi mi dici cosa ti costa, che ti do si soldi..."
Patty: "-----"

Patty: "Mamma come si fa la frittata di zucchine?"
Mamma: "-----"

mercoledì, gennaio 21, 2009

L'acqua cheta


Vorrei disegnare quello che sento adesso. Ma non sono capace, quindi lo descrivo.

Vedo un bambino sulla riva di un fiume. Un bambino cicciotello con una maglietta a righe bianche e rosse e i pantaloncini corti, calzini bianchi e scarponcini neri; i capelli castano chiaro un po' spettinati, la carnagione chiara pure quella, e tante lentiggini sulle guance e sul naso.
E' in piedi e guarda l'acqua.
Sembra ferma. Sembra un lago, anzi no il mare. Guarda l'acqua e pensa a quanto deve essere forte. L'acqua dico. Si perchè se l'acqua tiene su una nave di quelle grandi,grandissime, deve essere davvero forte. E' un bambino non conosce le leggi della fisica ancora... Lui pure vorrebbe essere forte come l'acqua.

Ora prende dei sassolini. E comincia a tirarli nell'acqua. Come fanno i bambini. Mi sono sempre chiesta che gioco è tirare i sassi nell'acqua. Io lo facevo sempre anche se secondo me era un gioco da maschi.
Ora vede un sasso grande. Grande e pesante. Lo prende e lo tira.

E tutta la superficie dell'acqua si increspa. Fa delle onde grandissime. Tutta la quiete che c'era poco prima cessa. Tante onde, tantissime onde, come le onde del terremoto. Che non le possiamo vedere, ma secondo me ce le immaginiamo tutti così.
E mentre l'acqua comincia a calmarsi il sasso scivola sul fondo, lentamente, lasciando dietro di se una scia, che nessuno vede al di fuori dell'acqua stessa.
Poi il sasso si posa. Nessuna corrente lo porterà via.
Oramai fa parte del suolo. Starà li tutti i giorni. Tanti giorni, mesi, anni. Nessuno lo vedrà, ma lui sempre lì. E comincerà lentamente a riempirsi di alghe, piccole alghe che giorno dopo giorno cresceranno e avvolgeranno tutto il sasso.
Ora sta lì, completamente avvolto, incollato al terreno.

L'unica cosa da sperare è che arrivi un'ondata di piena a portarlo via.

sabato, gennaio 17, 2009

Inventario

A casa mia sembra che ci viviamo in cinque, almeno.
Oggi mentre facevo la doccia ho contato: quattro bagnoschiuma diversi, tre shampoo, due balsami per i capelli, due balsami per il corpo, due pettini. A momenti non ci stavo nemmeno io. Si che la mia doccia è una doccia per nani, triangolare, come il bagno..
Poi ho trovato tre asciugamani per faccia, due per il bidet, e di solito ci sono appesi due accappatoi.
E questo è il bagno.
Se poi si va in cucina ci sono: almeno otto tazzine diverse appese (ma quelle sono per gli amici, sono tazzine personali, ognuno ha la sua), e altre 6 regalo per natale, e altre 6 che ho preso da casa vecchia; cinque tazze da the, tutte diverse, e per ora solo 4 tris di piatti tutti diversi (ma quelli è perchè io mi stufo facilmente delle cose).
I bicchieri? Bicchieri ne ho un sacco: 18 da acqua (sei li ho “presi” alla sagra delle sagre). Potrei non lavarli per venti giorni.
Ma il top l'ho raggiunto ieri sera quando mi sono accorta di avere circa 25 cucchiaini. Io non so come ci siano arrivati nel mio cassetto perché 6 me li ha lasciati la padrona di casa e 6 li ho comprati io, 4 di plastica che sembrano di metallo, ma gli altri, gli altri da dove arrivano???
A casa vecchia c'era la tendenza diversa, i cucchiaini sparivano sempre. Ogni mese dovevamo riassortirli. Come i bicchieri, ma quelli era perché mia mamma li rompeva sempre.
Mio papà all'inizio si arrabbiava, col passare del tempo invece ridevamo. E io ridevo tutte le volte che apparecchiando dovevo mettere 4 bicchieri diversi.
Quando spariva qualcosa di fragile sapevamo che era stata lei a romperlo, ma lei faceva come se l'avessero preso gli alieni, poi si portava le mani sul viso e cominciava a ridere. E quando capitava così come facevi ad arrabbiarti?
Però io sono sicura di vivere da sola in casa. Io e le piante grasse, che però si stanno suicidando una a una. Inizio a pensare che dovrei mandarle dallo psicologo...
Ho guardato sotto al letto, dentro gli armadi, nel mio mega sgabbuzzino, ma oltre a me davvero nessuno.
Quando ero piccola leggevo sempre la storia dei tre orsi e della bambina che entrava in casa loro.
Poi tornavano gli orsi (uno piccolo, uno medio e uno grande) e dicevano”Chi ha bevuto nella mia tazza?”,”Chi ha mangiato nel mio piatto?”, “Chi ha sta dormendo nel mio letto?”.
Poi non ricordo come finiva.
Mh.
Forse dovrei cercare degli orsi....

In una casetta nel bosco abitavano tre orsi: papà orso, mamma orsa e orsetto.
La mattina gli orsi facevano colazione: papà orso beveva un tazza di latte grande, mamma orsa
beveva un tazza di latte media, orsetto beveva un tazza di latte piccola.
Dopo si lavavano i denti: papà orso usava uno spazzolino grande, mamma orsa usava uno
spazzolino medio, orsetto usava uno spazzolino piccolo.
Dopo colazione leggevano un libro dondolandosi sulla sedia: papà orso leggeva dondolandosi su
una sedia grande, mamma orsa leggeva dondolandosi su una sedia media, orsetto leggeva
dondolandosi su una sedia piccola.
La sera andavano a dormire: papà orso andava a dormire in un letto grande, mamma orsa
andava a dormire in un letto medio, orsetto andava a dormire in un letto piccolo.
Un giorno mamma orsa mette del latte caldo nelle tre tazze e dice: “Andiamo a fare una
passeggiata finché il latte non è freddo!” E i tre orsi escono a passeggiare nel bosco.
In questa storia c’è anche una bambina che si chiama Riccidoro: un giorno Riccidoro va nel bosco
e vede la casetta dei tre orsi. Riccidoro bussa alla porta: TOC; TOC. Non c’è nessuno! Riccidoro
entra. Uh! Che bella casetta!
Riccidoro ha fame, vede la tazza grande e beve un po’ di latte, ma è troppo caldo; vede la tazza
media e beve un altro po’ di latte, ma è troppo caldo; allora beve il latte della tazza piccola.
Riccidoro va in bagno: si lava i denti con lo spazzolino grande, ma è troppo lungo; si lava i denti
con lo spazzolino medio, ma è troppo lungo; allora si lava i denti con lo spazzolino piccolo.
Riccidorio è stanca: si siede sulla sedia grande, ma è troppo alta; si siede sulla sedia media ma è
troppo alta; allora si siede sulla sedia piccola.
Riccidoro ha sonno: prova il letto grande, ma è troppo duro; prova il letto medio ma è troppo duro;
allora va a dormire sul letto piccolo.
I tre orsi tornano dalla passeggiata nel bosco:
“Chi ha bevuto il mio latte!” dice papà orso.
“Chi ha bevuto il mio latte!” dice mamma orsa.
“Chi ha bevuto il mio latte!” dice orsetto.
I tre orsi vanno in bagno per lavarsi i denti:
“Chi si è lavato i denti con il mio spazzolino!” dice papà orso.
“Chi si è lavato i denti con il mio spazzolino!” dice mamma orsa.
“Chi si è lavato i denti con il mio spazzolino!” dice orsetto.
I tre orsi si siedono sulle loro sedie:
“Chi si è dondolato sulla mia sedia!” dice papà orso.
“Chi si è dondolato sulla mia sedia!” dice mamma orsa.
“Chi si è dondolato sulla mia sedia!” dice orsetto.
I tre orsi vanno a letto:
“Chi ha provato il mio letto!” dice papà orso.
“Chi ha provato il mio letto!” dice mamma orsa.
“Chi ha provato il mio letto!” dice orsetto.
Riccidoro salta giù dal letto e scappa via correndo.


Avviso

Si comunica che si provvederà a sistemare l'impaginazione quanto prima.
Si comunica che si cerca disperatamente qualcuno che mi aiuti:)

giovedì, gennaio 15, 2009

Pan per Focaccia. Anzi focaccina.

Quando sono andata a vivere da sola, durante la prima notte che ho trascorso a casa nuova ho trovato a darmi il benvenuto la tanto amata Pulizie Strade.
Ero già abituata a questo tormento perchè a casa vecchia sembrava il servizio di igiene e sanità pubblica, che va bene per carità, però tre volte alla settimana dovevi stare bene attento a uscire e rientrare dopo una certa ora pena il giro turistico del quartiere per circa un'ora, o 30 euro di multa. Io optavo sempre per la prima.
Con mia grande sorpresa notai però che gli abitanti del quartire Pista (in Alessandria i quartieri hanno nomi così: Pista, Orti, Cristo, Villaggio Europa, boh) avevano il privilegio di parcheggiare sui marciapiedi.
E così per sentirmi subito cittadina del quartiere nuovo decisi di fare pure io così. Era buio. Pesto.

Al mattino esco di casa per andare a lavorare e mi accorgo di aver parcheggiato davanti a mezza vetrina del negozio della panetteria. Entro con le orecchie basse e chiedo scusa, sa sono nuova, era la prima volta, non lo faccio piu'.
Sta stronza della panettiera mi dice con tono da zitella e con espressione da saccente che "saaaarà meglio che non lo faccia piu'".
Adesso, io sono terrona, sangue siculo-pugliese, e a e me proprio non ti ci rivolgi così. Perchè io minimo non vengo piu' a comprare nel tuo negozio, massimo prendo un cane solo per fargli lasciare la sua cacca sul tuo marciapiede.
Ma siccome sono Signora decido di fare finta di non aver subito tale affronto e di andare a comprare il pane qualche giorno dopo.
La panettiera nonostante la mia giovane età e la sua che magari è la stessa mia ma non sembra per niente, mi da del Lei. Io le do del Tu. Lei di nuovo del Lei. Io dico Ciao. Lei Buongiorno.
.....
.......
Passano i giorni. I mesi. Nevica. Grazie ai cumuli di neve ghiacciata, le strade si sono ristrette di circa un metro e i parcheggi sono notevolmente diminuiti. Di nuovo pulizia strade.
L'unico posto libero nell'arco di dieci km, il carico e scarico della panetteria. Tadadaaan.

Sorge il sole.
Dopo aver passato la notte in bianco, e aver rimesso tutto il ristorante cinese, compreso la spada che si prende coi punti (quanti sono avanti sti cinesi!), alle ore 7 mi presento in pigiama, con giaccone e scarponcini. Quella mattina stavo talmente male che avrebbere potuto portarmi via pure la macchina, non me sarebbe fregato nulla, ma avevo deciso di far risparmiare alla panettiera l'euro per la chiamata del carro attrezzi.
Passo davanti alla vetrina, lei stava lavorando.
Si ferma incrocia le braccia e mi fissa con astio.
Io sposto la coppola da un lato, accarezzo la lupara e butto davanti alla sua vetrina lo stuzzicadenti che tengo fra i denti...
Vabbè non ho fatto proprio così, ma il senso è stato quello.

Io sono gentile, ti ho chiesto scusa, non hai accettato Mo sono tutti cazzi tuoi.

lunedì, gennaio 12, 2009

Il sorpasso


Oggi m'è capitata una roba bizzarra.
Stavo tornando al lavoro in macchina con mia sorella. Dopo aver mangiato a pranzo il risotto bianco e aver visto mangiare le mie tagliatelle al ragù e i carciofi che però solo l'odore mi fa stare male. Ecco adesso ci ho pensato e sto male.
Mi stavo per addormentare sul sedile quando per strada, una coppia. Erano bassi uguali, due bambini. Lui spingeva un passeggino azzurro. E aveva un sorriso da figlio maschio. Ci ho messo un pò a mettere a fuoco il suo viso. Ma quello perchè sono un pò miope.
Ho detto a mia sorella: "Porco cane ma quello non è il bambino che seguivamo ai centri estivi.?!?!?! No dico, non quello nel passeggino, il padre?"
E lei mi fa con tutto il tatto del mondo"Si. pensa. Lui, ha già una famiglia..."
Adesso, voglio dire, questo era il classico bambino dei centri estivi, teppista. Ma no teppista che rubava le carammelle gommose al bar, teppista che prendeva una spranga di ferro e sfasciava tutto il bancone se non lo fermavi in tempo. Teppista che se prendevano in giro suo fratello (perchè ogni bambino teppista dei centri estivi ha un fratello), prima picchiava il bambino che lo avevo preso in giro e poi picchiava il fratello che non s'era difeso. Teppista che se gli dicevano "Non mi hai fatto niente faccia di serpentee", lui gli rispondeva: "Tua mamma e tua sorella sono due p...". Che quando veniva il padre a prenderlo, arrivava con la camicia bianca e la catena al collo. d'oro.e tu pregavi che non toccasse a te dovergli dire che suo figlio aveva picchiato cinque bambini.
Che se gli dicevi "Marco, vuoi fare un disegno?" Lui ti rispondeva "Prendi il pennarello e ..." Che quando lo mettevano in castigo io soffrivo, e magari senza farmi vedere dagli altri animatori gli passavo vicino e gli facevo una carezza sulla testa. Era il bambino che tutti temevano. Che le mamme tutte le volte lo guardavano e dicevano: "Eh da grande farà una brutta fine."E a me veniva da rispondergli: "Sarà bello quel rincoglionito di tuo figlio che fa ancora li bagno con i braccioli, invece".
Ma gli altri animatori non me l'hanno mai permesso, non so perchè.

Quando lo seguivo io, io avevo 19 anni, lui 9. Ora io ne ho 28 lui 18.

Io l'ho solo sorpassato in macchina, lui m'ha sorpassato nelle tappe.

domenica, gennaio 11, 2009

Maledetto rebbio.

Te lo devo dire.
Sei stato fastidioso come una forchetta con un dente sollevato.

Io ho dovuto usarla per tutti questi anni, per mangiare, per nutrirmi. Ma tutte le volte che mettevo in bocca quella forchetta col cibo sopra e sentivo quel dente più alto rispetto agli altri, che quando passava sulle mia bocca mi sollevava le labbra, distruggendo l'armonia di tanta perfetta architettura, provavo un nervoso che quasi mi veniva voglia di smettere di mangiare.
Avrei voluto buttarla nell'immondizia, ma non ho mai potuto perché faceva parte del servizio “buono”, quello che regalano ai matrimoni, quello con i decori dorati, quello che riponi nel cassetto con la pezza morbida sopra per non farla rigare. Avrei preferito sostituirla con una forchetta di plastica. Da poterle spaccare i rebbi se mi avesse fatto incazzare.
E invece ho dovuto mangiare con questa forchetta, senza lamentarmi, senza poterla sostituire, in silenzio, ingoiando ogni boccone che anche la più' buona melanzana alla parmigiana, mangiata con lei, risultava come una sola nota stonata ascoltando una sinfonia di Beethoven.
Ho provato qualche volta a raddrizzare il suo dente storto, ma orami era storto, appunto.
Per vivere bisogna mangiare (poi non dirlo a un meridionale) e io così ho fatto. Ho mangiato. All'inizio mi era persino passata la fame. Ma lei era la mia forchetta, e io che sono orgogliosa, ho voluto usarla. Ho dovuto usarla.

Dicono che con l'anno nuovo si deve buttare qualcosa di vecchio.
Io spero di poterti buttare nell'immondizia. Forse questo vorrà dire dover buttare tutto il servizio da 24. Un servizio da 24 che è costato tanto sacrificio e che io per prima ho inaugurato.

Ma ti giuro che non vedo l'ora di andare all'Ikea a comprare una forchetta nuova!

venerdì, gennaio 09, 2009

Primo soccorso

Ieri sera mi sono fatta male.
Anche se ho scoperto stamattina come.
Mi è caduto un trofeo a forma di microfono sul piede.
Me l'ha detto la mia amica che oggi mi ha fatto da scatola nera per la serata del 31.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che oggi sono andata a cercare nella cassetta del pronto soccorso una pomata, una semplice pomata per le contusioni.
Io mi ricordo che qualche anno fa quando cercavo nelle ceste delle medicine una medicina la trovavo subito. Era facilissimo.
Il Lasonil per le botte, il Foille per le scottatture, il Fargan per le punture degli insetti, la Novalgina per il mal di testa, la Tachipirina se avevi la febbre, ma solo sopra i 38, il Maalox per il bruciore di stomaco...Avevano tutti la loro scatolina con grafica da medicinale, e te ci mettevi un secondo a curarti.
Adesso no. No, perchè ci sono I Farmaci Generici.
Io capisco che con un farmaco generico uno risparmia piu' del 50%, ma io che non sono farmacista mi sono trovata di fronte una serie di nomi incomprensibili, perchè adesso è il principio attivo che conta. Così io magari ho risparmiato 5 euro perchè ho preso il generico del foille però poi ne devo spendere altri 200 perchè quando mi sono ustionata con il vapore del ferro da stiro ci ho messo sopra il generico del voltaren.
Io vorrei chiedere alle casa farmaceutiche: non potete magari facilitarci chiamando le medicine generiche con dei nomi simili a quelle griffate?Non so tipo Lasopril? Oppure Goille? Novaltina, Tachiparina...
Perchè io non posso passare tutta la mattina a leggere i bugiardini che poi manco riesco a richiuderli e si gonfiano e non riesco più a mettere tutto dentro la

Stamattina volevo solo una pomata per le contusioni.
Alla fine ho deciso di mettere un cerotto sopra il livido...

lunedì, gennaio 05, 2009

Attendere prego.

Oggi ho riscoperto l'attesa.
L'ultima volta che ho atteso qualcosa è stato l'autobus dopo il lavoro. E' che mie ero ricordata troppo tardi che non ero andata a lavorare in macchina e se n'erano già andati tutti a casa.
Così ho atteso l'autobus 2 minuti, 5 minuti, 10, 15, 20 minuti. Poi l'autobus non è arrivato, io mi sono rotta le scatole e ho chiesto un passaggio a casa a una che uscita dall'ufficio.
Di solito non mi piace attendere. Faccio attendere, ma giuro che non lo faccio apposta. Mia cugina che abita nel mio stesso palazzo si ricorda ancora di quando mi aspettò per due ore dopo che al telefono le dissi “5 minuti e arrivo”.
Oggi mi sono accorta di quanto non sono piu' abituata ad aspettare.
Anche perchè tutto quello che facciamo oramai avviene in tempo reale. Notizie dal mondo in tempo reale, collegamenti via internet in tempo reale, facebook ti dice anche quante volte la gente va in bagno, o si soffia il naso, in tempo reale, il caffè istantaneo, i pop corn istantanei, la crema pronta, le foto, scatta e stampa subito, le videochiamate, che a me stanno pure un po' sulle balle, perchè se parto ci vediamo quando torno.
Invece l'attesa ti fa venire il mal di stomaco.
Ti fa guardare l'orologio, ti fa contare i giorni.
L'attesa di fa mangiare le unghie, fumare le sigarette per ammazzare il tempo.
Un po' come quando aspettavi una lettera per posta, quando ancora le poste funzionavano bene con i francobolli da 750 lire, e tutti i giorni tornando da scuola andavi a controllare nella buca delle lettere se era arrivato qualcosa per te.
Poi non era arrivato, ci rimanevi male e non vedevi l'ora che fosse il giorno dopo.
Il tempo dell'attesa non si può gestire.
E' un periodo che si deforma. Inizi a gustartela da metà. Subito non te ne accorgi, e poi quando sta per finire ti sembra passato un attimo.
E poi durante l'attesa ti rivivi il momento clou almeno 100 volte, cosa dirò come farò, cosa mi metterò e se poi va così, puoi cambiare le carte in tavola quante volte vuoi.
Puoi anche far finta di pensare ad altro, ma poi con la testa ritorni lì.
E non puoi fare altro che aspettare:)

giovedì, gennaio 01, 2009

Natale con i tuoi...

Vorrei raccontare di oggi, del pranzo di Natale in famiglia.
Di quando mia mamma mi ha telefonato alle sette per sapere se ero sveglia e di sbrigarmi ad arrivare a casa sua che dovevo apparecchiare la tavola.
Di quando ho aperto la porta di casa e una vampata di profumi di cibo, misto a fritto e misto a melanzane alla parmigiana ( a casa mia sono un must) mi ha investita che a momenti manco mi faceva entrare.
Vorrei raccontare di quando mentre apparecchiavo ho rotto un bicchiere, del telefono di casa che continuava a squillare per gli auguri di parenti meridionali, dell’arrivo di tutti parenti come in Mamma ho perso l’aereo: lo zio che ti stringe fortissimo e ti tira il pizzico sulle guance e ti dice “eh oramai sei una signorina”, la zia che ti lascia il rossetto sulle guance, quella che ha la voce alta, il cugino che con lo sguardo esprime solidarietà, quello piccolo che già strilla, quello che invece si lancia sotto l’albero e cerca il suo regalo, la cuginetta che vuole vedere la tua cameretta, i capotti in camera dei tuoi, mio papà col grembiule da cucina che con il piede aggiusta il tappeto,…
Vorrei raccontare della festa in casa come credo l’abbiano passata quelli del palazzo di fronte, che io guardavo dalla finestra con un po’ di invidia, con lo spumante e il panettone, e il pandoro perché tanto a qualcuno il panettone non piace…
Vorrei raccontare dei regali, del canovaccio con le presine, del bagnoschiuma di Bottega verde, del dopobarba, dei giochi per i bambini, ma io volevo l’astronave dei lego, delle tazzine giocattolo da caffè.
Vorrei raccontare del momento in cui i grandi fanno i grandi e i piccoli vanno in cameretta a giocare.

E invece non lo racconto. Forse avrei potuto farlo 20 anni fa.
Posso raccontare invece della colazione in un tavolone da 20, lavali, aiutali a vestirli con i vestiti piu’ belli, lavati, vestiti, sbrigati che la messa inizia alle 11, ma l’anno scorso non era alle 11,30?
Io di solito sto fuori, vado al bar con chi proprio non ne vuole sapere di stare li dentro. Dove alcune persone quando ci vedono arrivare si spostano incazzate e schifate. E io penso meno male che è Natale. ggi volevo tirare un pugno a una. Che m’è salito il sangue nel cervello.
Vado al bar, marocco e focaccia per due o tre.
Poi il pranzo, sempre nel tavolo da 20, mamma e papà li vedo da lontano. E non ci sono zii nel mio tavolo che raccontano barzellette, ne cugine coi morosi, ne bambini che strillano. Si lo so che i bambini non strillano solo. C’è mia sorella però al tavolo. E ora anche suo marito. A volte siamo talmente indaffarati che ci dimentichiamo di farci gli auguri.
Ma a me manco viene da fare gli auguri.
Ma sono felice lo stesso. Malinconicamente felice.
Per me Natale è un giorno come gli altri. Speciale, ma come gli altri.
Per me tutti i giorni dell’anno sono speciali. Diversamente speciali. Come i miei ragazzi.
A volte penso che vorrei una Natale come avrei voluto raccontarlo.
Ma se ci penso mi sento egoista.
E’difficile spiegare.
Sono le emozioni comandate, i regali comandati, che poi tu me l’hai fatto, io no e mi sento una merda. Ma non mi viene tanto da farli perché è Natale. Io il regalo te lo faccio quando ne ho voglia.